La zona archeologica di Altilia - Saepinum (Sepino Romana)

Protezione_Beni_CulturaliALTILIA – SAEPINUM: SCUDO BLU INTERNAZIONALE dal 2010 (ICBS International Commitee of the Blue Shield), fondato nel 1996, prende il nome dal simbolo specificato nella Convenzione de L’Aja (1954) a protezione dei Beni Culturali, per la difesa dei quali vengono promosse azioni di protezione, prevenzione e sicurezza in tutte le situazioni rischiose, come i conflitti armati e le calamità naturali.

Grazie all’impegno dell’Associazione Turistica Pro Loco di Sepino, unitamente alla redazione di www.sepino.net, sito web ufficiale della pro loco, la zona archeologica di Altilia – Saepinum ha ottenuto il prestigioso riconoscimento a livello nazionale di “Meraviglia italiana”. Il 28 luglio 2011 presso l’Aurum di Pescara, Altilia – Saepinum è stata selezionata da una commissione del Forum Nazionale dei Giovani, che, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, ha proposto alla Nazione il concorso “Meraviglia Italiana”. Il sito archeologico, insieme ad altre meraviglie, è pubblicizzato sul sito internet www.meravigliaitaliana.it Non a caso il fine dell’iniziativa, patrocinata dalla Camera dei Deputati, dal Ministro della Gioventù, dal MiBAC e da Esperienza Italia 150°, è dar visibilità alle meraviglie italiane (luoghi, siti, tradizioni) più belle ma meno conosciute della nostra amata Italia.

 

La città romana di Saepinum sorge all’incrocio di due importanti strade: il tratturo Pescasseroli-Candela e la strada che collega il Matese alla costa. L’area occupa una superficie di circa 12 ettari a pianta quadrata, circondata da una cinta muraria reticolata. La cinta muraria fu voluta dall’imperatore Augusto , che diede incarico di costruirla ai due figli adottivi Tiberio e Druso, più per il decoro della città che per impellenti necessità difensive. Lungo la cinta muraria si aprono quattrola citta' dall'alto porte in corrispondenza degli assi stradali principali, il Cardo e il Decumano: Porta Boiano, Porta Tammaro, Porta Benevento, Porta Terravecchia e si ergono 35 torri (delle quali oggi sono visibili solo 27). Le torri sono distanti tra loro circa 100 piedi (30-35 m) ed hanno una disposizione regolare: infatti sono sette nei tratti più brevi e raddoppiano dove raddoppia la cortina e la istanza tra le porte. Il Cardo è la strada principale della città, che unisce Porta Terravecchia a Porta Tammaro, ripercorrendo l’antico percorso che dai monti porta alla fondovalle. Il Decumano è lì’asse viario che unisce porta Boiano e porta Benevento lungo l’antico percorso fratturale. È lastricata con pietre calcaree ed in origine era porticata con un lungo colonnato. Presenta “strisce pedonali” (grosse pietre squadrate per l’attraversamento in caso di pioggia) e ai lati numerose botteghe e fontane.

Porta Boiano: l’unica delle quattro porte quasi interamente ricostruita. Si presenta ad apertura unica con due torri circolari porta boianolaterali. La chiave di volta riporta un personaggio barbuto, probabilmente Ercole. In alto è presente un’iscrizione che ricorda Druso e Tiberio, quali finanziatori della costruzione della cinta stessa. Ai lai di questa iscrizione trovano posto due statue di prigionieri germanici, seminudi e in catene quale testimonianza delle vittorie in Gallia e come monito agli eventuali nemici della città. L’ingresso era protetto da una saracinesca che veniva azionata dalla camera di manovra in cima alla porta a cui si accedeva da una scala laterale. All’interno vi è un cortile di sicurezza chiuso verso la città da un portone ligneo. Nell’atrio venivano effettuati i controlli sui visitatori, che dovevano pagare una tassa sul bestiame.Porta Tammaro è la porta posta sul cardo in direzione del fiume (Tammaro appunto) che scorre nella vallata sottostante. Sulla porta sono state costruite due costruzioni rurali recenti. La struttura antica ricalca quella delle altre porte. Porta Benevento è posta lungo il decumano in direzione di Benevento. La struttura rispecchia quella delle altre: un unico fornice (apertura), le due torri laterali, la corte di sicurezza interna e la controporta a doppio battente. La chiave di porta presenta l’effige di Marte. Porta Terravecchia è posta sul cardo i direzione dell’omonima località sannita. Sono ancora visibili parte dell’infradosso dell’arco, le cornici modanate e e basi che sorreggevano le statue. L’antico piano di calpestio era più basso di quello attuale.

Basilica: risale alla fine del primo secolo a. C. ed ha una pianta rettangolare con tre ingressi: uno principale e due laterali. Era un edificio pubblico polifunzionale, collocato all’incrocio tra il Cardo e il Decumano.

Al suo interno si ammirano venti colonne con basi e capitelli in stile ionico. Si differenzia la quarta colonna da sinistra che presenta il capitello decorato con un quadrifoglio. Intorno al IV-V secolo la basilica venne restaurata e adibita a culto cristiano. Macellum: risalente al primo secolo d.C era il centro commerciale destinato alla vendita di generi alimentari. Sorge accanto alla basilica. Un breve corridoio immette nell’atrio esagonale in cui si aprono le botteghe.

edificio di culto

Edificio di culto: è un edificio a pianta quadrata, che presenta un locale antistante (pronao), un portale monumentale e il podio con un bancone addossato al muro di fondo dove venivano posti gli idoli pagani.

Edificio termale: sulla destra del decumano vicino alla cinta muraria sorge il complesso termale, costituito da una serie di vasche in successione per bagni in acque di temperature diverse (frigidarium, tiepidarium e calidarium). Presenta, inoltre, un impianto di riscaldamento costituito da un pavimento che poggia che poggia su una serie di colonnine (suspensurae) e da mattoni forati per il passaggio dell’aria calda.

Quartiere abitativo: lungo il Decumano sorgono numerosi negozi e botteghe sul retro dei quali i trovano le abitazioni, con atri impluvi e cubicula.

Postierla del teatro: oltre alle quattro porte, è l’unica apertura della città. Presenta i pilastri di forma quadrata ed era chiusa da un portale in legno; sopra di essa era posto un tempietto. Serviva da uscita di sicurezza durante gli spettacoli teatrali. il teatro

Teatro: si trova a ridosso della cinta muraria ed è circondato da case settecentesche. Diversi erano gli accessi: due tetraplii ai lati terminali del semicerchio, che servivano per le persone di rango e le vomitorie, ricavate nelle gradinate che servivano per la plebe. La struttura era costituita da due parti: l’edificio scenico e la cavea. Del frontescena oggi rimangono le tre porte di accesso al palco, due delle quali fanno parte di un casolare che ha preso il posto di gran parte dell’edificio scenico. Fra questo e le gradinate trovava posto l’orchestra, lo spazio per i musicisti (oppure per i gladiatori). La cavea era divisa in tre settori: l’ima cavea per i più abbienti, la media cavea e la summa cavea per i ceti più poveri, oggi scomparsa. La capienza del teatro è stimata in circa tremila posti a sedere.

le muraComitium e curia: sono i primi due vani a sinistra del Decumano provenendo dalla Basilica. Il primo è il Comitium, la sala delle assemblee popolari, mentre il secondo è la Curia sede del corpo dei Decurioni.

Tempio di Giove: occupa una posizione centrale rispetto al foro. È costituito da due parti: un supporto alla rampa di scalinate (di cui restano solo tre gradini) e il podio. Sul primo gradino trovano posto tre cippi funerari uno dei quali dedicato a Costantino.

Tempio di Costantino: posto accanto al precedente, il tempio fu costruito nel 4 secolo e dedicato al culto dell’imperatore Costantino, come dimostra il ritrovamento di un busto che ritrae sua madre Elena.

Terme pubbliche del foro: è un edificio posto di fronte al foro, solo parzialmente riportato alla luce. All’interno del porticus (un portico colonnato) si trovano un’esedra semicircolare e una serie di accessi ai bagni. il foro

Foro: la piazza è collocata nel cuore della città ed è lastricata da grosse pietre rettangolari, alcune delle quali sono state sterrate per costruire delle case coloniche. Su due lati è visibile il canale di scolo per l’acqua piovana (euripus) e sul fondo i basamenti di alcune statue.

Fontana del Grifo: (2 a.C- 4 d.C.) la fontana si trova lungo il Decumano. Deve il suo nome all’animale mitologico scolpito sul prospetto: un felino alato con becco d’aquila. Al centro del rilievo un foro per la fuoriuscita dell’acqua e più in alto la dedica a Caio Ennio Marso e suo figlio che finanziarono l’opera. La fontana è stata dichiarata monumento nazionale.

Casa dell’impluvium Sannitico: è una delle case imperiali presenti a Sepino. Al centro dell’atrium, posto dietro due taberne, si trova una vasca usata per raccogliere le acque piovane. La vasca è sovrapposta ad una di dimensioni minori, in terracotta con mattonelle romboidali ed iscrizioni in lingua osca.

Sedi di corporazioni: sul lato più corto del foro, un gruppo di ambienti in sequenza ospitava le corporazioni municipali. Presentavano una pavimentazione a mosaico.

Mulino ad acqua: Adiacente alla casa dell’impluvium sannitico, si trova un mulino ad acqua che presenta sul davanti una grossa fossa rettangolare dove era posta una ruota che azionava una macina di frantoio posta nell’incavo posteriore a pianta quadrata. Orci coccio pisto: accanto al mulino si trovano quattro vasi interrati, collegati tra loro da una cabaletta, che servivano per conservare l’olio.

Mausoleo di Numisio Ligure: risalente alla prima metà del 1 secolo d. C., è il monumento funerario della famiglia di Publius Numisius Ligus, un importante magistrato della città. È posto immediatamente fuori le mura della città. L’edificio, interamente ricostruito, è a forma di ara su una base quadrata e modanata. Il tetto presenta una cornice sporgente e agli angoli quattro acroteri decorati con motivi vegetali. Sul prospetto un’iscrizione riporta la carriera del magistrato e l’episodio della prematura morte del figlio, in occasione della quale venne retto il monumento.

Mausoleo di Caio Ennio Marso: costruito nell’età augustea, l’edificio è posto lungo il tratturo, fuori dalle mura della città. È una torre cilindrica su base quadrata dedicata ad un potente magistrato sepinate. Agli angoli anteriori presenta due leoni in atto di schiacciare la testa a guerrieri nemici. Inoltre presenta un’iscrizione che descrive la carriera del magistrato, la sella curilis (il seggio destinato al magistrato), la cista (un recipente per contenere documenti) e un fascio littorio simbolo del potere magistraturale.

Musei: Nel sito archeologico della città di Altilia all’interno di edifici rurali di epoca settecentesca sono allestiti musei in cui sono esposti reperti ritrovati durante gli scavi di Altilia e S. Pietro.

porta boiano 2

Percorsi Naturalistici

Cascata delle Castagne ala fine del percorso naturalistico Sepino-Terme

Le foto qui riportate riguardano il percorso naturalistico che collega Sepino (Lama, Porta Paradiso) alle Terme Tre Fontane (Cascata delle Castagne). Numerosi sono i percorsi naturalistici con segnaletica per chi vuole fare una salutare passeggiata, trecking, percorsi a cavallo lungo il trattuto etc. Ultimamente si può anche usufruire delle canoe sul fiume Tammaro. Da ricordare il percorso naturalistico che collega Sepino a Terravecchia, la Sepino Sannita. Durante l’anno numerose sono le passeggiate – escursioni che vengono organizzate dal gruppo locale CAI e da singoli cittadini, in modo particolare nei pressi dei monti circostanti, dove è possibile trovare autentici paradisi terrestri come Rima Vota.

 

Anche a Sepino e nell’area del Matese opera il Nordik Walking Pietrelcina. Il Nordik Walking è un nuovo sport che sta riscuotendo in Italia un grande successo, uno sport che unisce natura, benessere e armonia. Per saperne di più:

www.nordicwalkingpietrelcina.it

Fiume Tappone lungo il percorso naturalistico Sepino-Terme

Monastero Santa Croce

Il monastero di S. Croce sorge alla metà del XII secolo alla montagna di Sepino quale fondazione privata dei conti di Molise. Pur mancando ai giorni nostri alcuna vestigia visibile, la sua secolare storia emerge attraverso le numerose fonti d’archivio. La presenza, all’interno della chiesa parrocchiale di S. Cristina di Sepino, di un corpus documentario di oltre cento edicola che ricorda dove si trovava il Monasteropergamene dei secoli XII-XV, delle quali ben 37 inerenti il complesso monastico in oggetto, ha spronato per avviare e portare a compimento un organico lavoro di esegesi archivistica, storica, topografica e d’indagine sul campo. La prima attestazione documentaria dell’ente, ubicato in monte Sepini, risale al 1143. Una succesiva cartula datata 1159 ne definisce lo status giuridico. La concessione di libertas dichiarata nel documento da Ugo de Molisio qualifica S. Croce quale ‘Eigenkloster’, ovvero un monastero di fondazione laico-nobiliare. Nel 1186, difatti, Andrea Boianensis episcopus riconosce per mezzo di un privilegium libertationis che S. Croce è libera rispetto all’autorità diocesana.

Nel XIII secolo il monastero accresce ulteriormente il suo patrimonio; accanto alle proprietà fondiarie, boschive ed edilizie, amplia i suoi beni anche extra-tenimentum presso Cusano Mutri, Cerreto Sannita, Gioia Sannitica, Pietraroja, ed ottenendo le esenzioni del plateaticum (vendita e comprenvendita di prodotti) nelle piazze di Campobasso e Campodipietra. Riceve infine la donazione di alcune strutture ecclesiali private del territorio sepinese: S. Giovanni (nei pressi di Collarso) e S. Angelo (intra mœnia). Dopo alterne vicende, alla fine del XIII secolo, il monastero è assoggettato all’autorità diocesana, le donazioni vengono meno, e il patronato dei de Molisio sembra vacillare allorquando, nel 1287, il priore chiede il riconoscimento dei beni e dei diritti precedentemente acquisiti. Bisognerà attendere gli anni 1429 e 1431 perché si precisi, con chiarezza, la regola seguita dai monaci di Passo S. Crocella: …ordo Sancti Benedicti. Fonti più tarde, oggi sottoposte a verifica, menzionano S. Croce quale istituto fondato ed assoggettato ai padri templari: Era tal ven.(erabile) Monistero della soggezione de’Padri Templarj, che in copiosa famiglia lo abitarono fino ai tempi di Clemente Quinto Sommo Pontefice e di Filippo il Bello Re di Francia, in tempo dei quali ne fu abolito il nome, e solennemente proscritta la regola.

Tra alterne vicende, nel 1584, il monastero cessa di essere un ente giurdico a se stante; riportato nelle fonti del tempo come chiesa diruta di S. Croce, è annesso alla chiesa di S. Cristina.

Al pari dei documenti pergamenacei e cartacei, la documentazione cartografica ha contribuito ad identificare con buona precisione l’area dove sorgeva il complesso monastico medievale. Così, accanto alla cartografia del Regno di Napoli, che pure dal XVII secolo continuava a perpetuare il toponimo, un nutrito gruppo di piante catastali concernenti secolari controversie confinarie con il contermine territorio campano, ha offerto una più chiara lettura del territorio ‘Montagna’. Diversi gli agrimensori che si profusero, in epoche e con fini diversi, alla composizione di piante topografiche; tre di questi si resero anche autori di platee: Giovanni di Vita Beneventano, Francesco Germieri e Benedetto Ferrante. La progressiva quanto irreversibile instabilità del toponimo desunto dal lavoro degli agrimensori (Chiesa diruta S. Crocella; Capella diruta di S. Croce; Casalino S. Crocella; Macera di S.ta Croci), si affianca all’altrettanto chiara rappresentazione delle forme architettoniche dell’edificio, nel mutare continuo delle dimensioni, come degli articolati volumi.

I dati ricavati dalla ricerca d’archivio sono stati poi sottoposti a verifica mediante la pratica della ricognizione archeologica. La scelta dell’area della ‘Montagna’ di Sepino come luogo d’indagine hanno condotto lo scrivente a circoscrivere la ricerca all’interno di un ambito cantonale ben delimitato e gravitante intorno al passo montano, di confine tra le regioni Molise e Campania, denominato Passo S. Crocella. L’azione sistematica di ricognizione di superficie, corroborata da una significativa tradizione orale ancora viva sul posto, ha verificato la sostanziale attendibilità e coerenza dei dati emersi dalle fonti, acclarando la più che verosimile ubicazione del monastero.

Giunti al passo, la presenza di un’edicola commemorativa con iscrizione incisa costituisce un forte indizio topografico circa la posizione del complesso. Particolarmente meritevole d’attenzione è poi una strada carrareccia lastricata. Il tracciato doveva probabilmente servire da collegamento strategico verso centri diversi e annodarsi a percorsi consolidati da tempo.

Dai dati ricavati emerge con forza l’importanza che il complesso monastico di S. Croce assume per il territorio di Sepino e per quello molisano in generale. Nonostante il comparto territoriale sepinate risulti dopo decenni di attività e ricerca uno tra i più noti dell’antichità classica (Terravecchia, Sæpinum, San Pietro di Cantoni), la ricerca sulle fonti medievali e moderne hanno apportato nuovi, significativi, contributi. Dal periodo della sua fondazione sino a tutto il XIII secolo il cenobio della valle del Moschiaturo attraversò un periodo di floridezza economica che lo portò a rivestire un ruolo di primissimo piano nel panorama ecclesiastico molisano e di fuori regione. Nel determinare le cause che concorsero alla scelta del luogo ove ubicare il complesso monastico non possono prescindersi, accanto alle esigenze prime legate all’autosufficienza e ad una logica di tipo difensivo, quelle connesse ai sistemi di collegamento infrastrutturale, oltre che con i centri limitrofi e con il castrum di riferimento, il castellum Sepini, anche con le innumerevoli proprietà di cui S. Croce si rese possessore. Controllando numerosissimi possessi fondiari, boschivi, edilizi ed ecclesiastici, è impensabile che i monaci di passo Crocella non si fossero assicurati rapidi e favorevoli collegamenti stradali. Difatti, la sua collocazione topografica a quota 1.219 non avrebbe di certo aiutato a trarre profitti e facilitazioni in termini sia di approvvigionamento, che di natura economica, qualora, come si suppone, non avesse trovato sul posto un benché minimo sistema di infrastrutture tali da incoraggiarne la fondazione e garantirne una mobilità su larga scala che le permettesse, attraverso i tornaconti derivanti dai pedaggi, commerci intermontani, uso della proprietà boschiva, contratti agrari, affitti, taglio del legname, pastorizia e pascolo, lo sfruttamento delle risorse naturali circostanti. Sappiamo poi, come anche le proprietà fondiarie, le terre irrigue e i mulini bannali posti nella fertilissima “conca”, con il tratturo che l’attraversa da un capo all’altro ad agevolarne le comunicazioni, assolvessero tale scopo.

Il binomio chiesa-diramazioni stradali, raccogliendo un testimone già noto nella devozione classica, farebbe dell’edificio religioso un punto di riferimento stabile nel paesaggio che assicura la sopravvivenza di un’antecedente rete viaria. Il rinvenimento di alcuni materiali di età classica, tra i quali uno spezzone di colonnina marmoreo, non escludono né il reimpiego di spolia (elementi architettonici ricavati da una struttura più antica) da un centro noto (Sæpinum), né l’esistenza di una costruzione più antica in luogo di quella medievale.

L’edificazione di S. Croce può dunque supporsi contrario, costituirebbe un passaggio obbligato per risalire dal tratturo agli alti pascoli del Matese.

La recente scoperta di un tracciato viario di età classica nell’alta valle del Fortore può ricollegarsi alla presente trattazione poiché si relaziona non solo con l’abitato di Sæpinum, ma anche, e ancor più, con il passo di S. Crocella. I ruderi di una struttura di attraversamento fluviale emersa dopo l’alluvione del 2001 in loc. Morgia del Ponte di Tufara, sino ad oggi ritenuta di epoca medievale, ha dato modo di rivedere gli studi effettuati sulla viabilità antica del territorio delle valli del Fortore, Tappino e del Tammaro. L’esistenza del ponte, dunque, doveva ricadere su un preesistente tracciato viario, il quale, provenendo da Aecæ (Troia) e superando il corso del Fortore, si sarebbe diretto verso la valle del Tappino sino ad un passo montano, Rua di Ielsi, compreso tra la montagna Monteverde di Vinchiaturo e quella di Cercemaggiore, per poi scendere nuovamente verso valle in direzione della piana di Sepino, attraversare la città romana, e valicando il passo di S. Crocella, raggiungere il municipium di Allifæ. A maggior ragione, il rinvenimento nell’area di S. Crocella di un tratto di strada basolata scoperta in occasione dei lavori per il metanodotto, rafforzerebbe l’ipotesi.

Alla luce di quanto emerso occorre pertanto chiedersi se valga ancora la pena di sostenere la tesi che associava il monastero di S. Croce a un’isolata e marginale fondazione eremitica montana.

Ad oggi intuizioni e problematiche evidenziatesi nel corso della ricerca richiedono verifiche immediate e riscontrabili con la sola attività programmatica dello scavo archeologico.

Tratto da: Walter Santoro, Il Monastero di Santa Croce in territorio di Sepino. Indagine storico-topografica, Campobasso 2006

Tratturo Pescasseroli - Candela

tratturoIl territorio molisano, già prima degli insediamenti sanniti e della costruzione delle antiche strade romane, viene a trovarsi Al centro di una complessa rete di tratturi, vie erbose che dai Monti dell’Abruzzo attraverso il Molise conducono sino alle pianure della Puglia. Negli ultimi secoli dell’Impero Romano emerge per la prima volta la parola tratturo: il termine latino “trattoria” indica il privilegio gratuito del suolo di proprietà dello Stato concesso ai pubblici funzionari esteso poi ai pastori.

I tratturi si presentano come strade uniche, come una sorta di meridiani e paralleli a formare una vera e propria rete che copre uniformemente il territorio.

Il forte legame tra territorio e transumanza segna profondamente le tradizioni culturali e sicuramente tuttora è possibile riscontrare una grossa influenza sia nelle strutture urbanistiche dei vari insediamenti urbani molisani e sia in alcune caratteristiche architettoniche di molti monumenti regionali.

 

Il tratturo che attraversa Sepino è quello che collega Pescasseroli (Abruzzo) a Candela (Puglia). Attraversa la città romana di Altilia – Saepinum e continua lungo la Piana di Sepino, dando nome all’omonima contrada.

Ponte di San Rocco

il ponteÈ chiamato così perché anticamente nelle vicinanze si trovava una chiesa dedicata a S. Rocco, posta su una delle vie d’accesso al paese, di cui oggi non resta nulla. Attualmente è un luogo ricco di fascino in cui ammirare lo splendido paesaggio offerto dal fiume Tappone e dalla natura.

Pianoro di Campitello di Sepino

cavalli vicino alla fontanaLocalità di Campitello di Sepino, molto rinomato per gite di breve durata o qualche settimana di campeggio. La montagna di Sepino, è stupenda, verde ed incontaminata offre suggestivi  paesaggi e fresche distese dove i campeggiatori si affollano durante il periodo estivo.  Nella montagna stessa vi sono numerosissime sorgenti che portano sollievo sia a coloro che si recano in quei luoghi per lavoro sia a quelli che vi trascorrono un periodo di vacanza. I posti più caratteristici sono: IL PIANORO DI CAMPITELLO, PIETRA SANTA, IL MUSCHIATURO e IL PASSO DI SANTA CROCELLA.

In questo luogo si possono apprezzare ampi spazi verdi attrezzati in un’ immensa zona boscosa, dove il faggio fa da monte muschiaturo

padrone. Da questo pianoro è possibile raggiungere le cime dei monti circostanti (Tre Confini, Mutria, Muschiaturo etc.), le zone nelle quali i Briganti abitavano (come la “Rotta de Zuze”), il Passo Santa Crocella, dove era presente l’omonimo monastero benedettino in età medioevale (Monasterium Sanctae Crucis), spettacolari punti panoramici, la Fontana di Rimavota e tutto ciò che gli incontaminati Monti del Matese offrono. La campagna è abbastanza bella, anche se non ha culture di particolare rilievo, ed è irrigata da diversi corsi d’acqua quali il fiume TAMMARO, il fiume TAPPONE , i torrenti SARACENO, RIO FRATTO e tantissimi altri…

Da ricordare il VALLONE MASELLI.  Per la loro particolare irruenza il boscodurante il periodo di piena, il TAMMARO ed il TAPPONE sono stati “IMBRIGLIATI” (opere di arginamento dette “BRIGLIE”) e per questo motivo il corso dei fiumi predetti ha dato luogo alla  formazione di piccoli invasi, chiamati in sepinese “cutini”, dove i giovani del paese vanno a bagnarsi nelle calde giornate estive trascorrendo ore serene ed indimenticabili. Il Pianoro di Campitello di Sepino è situato a sud-ovest rispetto al centro di Sepino, dal quale dista circa 11 Km.

La quota di altitudine è compresa fra i 1320 e i 1360 metri slm

La località è accessibile sia dal versante di Sepino e sia da quello di Pietraroia e Morcone (BN). Il bosco è preponderante: una parte del Pianoro di Sepinola vegetazione è costituita essenzialmente dal faggio, intervallato, da abete, frassino, agrifoglio e frutteti selvaggi. La montagna degrada rapidamente verso nord-ovest scoprendo l’alta valle del Biferno e la Catena delle Mainarde. All’ interno delle faggete si aprono ampie zone pianeggianti formate da verdi praterie e da dolci collinette, che costituiscono luogo ideale per il campeggio e la sosta. Una parte di questi spazi verdi viene abilitata al pascolo.

La zona archeologica di Terravecchia - Saipins (Sepino Sannita)

la Postierla del MateseA quota 953 metri sorge la cinta muraria di terravecchia a nord-ovest della Sepino attuale e asud-ovest di Altilia su una altura lambita dai torrenti Magnaluno e Saraceno. La posizione risponde alle particolari esigenze di difesa sei Sanniti. Si sviluppa per circa 1500 m e la sua caratteristica è la doppia cortina muraria una esterna più bassa e una distante tre metri più alta, tra le qual i corre un camminamento. La cinta muraria è stata realizzata mediante grossi massi, aggregati senza l’ausilio di leganti e con incastri che indicano una notevole abilità costruttiva. L’andamento delle mura è irregolare e perfettamente integrato con scarpate naturali a rafforzare l’opera di difesa. Le mura risalgono al IV secolo a.C. Lungo il percorso si incontrano tre porte: la “postierla del Matese, ad est; la “porta dell’Acropoli” da cui si usciva per l’approvvigionamento idrico; la “porta del tratturo”, la più importante deal momento che apriva la strada all’insediamento di valle. Il sito in epoca medioevale fu rioccupato nella parte più alta, come dimostrato dal ritrovamento di materiali in ceramica smaltata e monete del XIII secolo, da una struttura interna alla cinta a pianta quadrata, identificata come la torre di un palazzo.

Santuario Italico San Pietro di Cantoni

p style=”text-align: justify;”>san pietro di cantoni dall'altoSito in località Cantoni di Sepino occupa una posizione rilevata (q. 665) e dominante, aperta sull’ampia vallata del fiume Tammaro. L’area sacra, recintata da murature megalitiche, disegna un triangolo irregolare i cui lati si allungano sul terreno per qualche centinaio di metri. Lo spazio interno, come di consueto, è diviso in due parti pronaos (l’atrio del tempio) e naos (cella interna) delle quali il primo è di dimensioni doppie rispetto al secondo. Il naos era delimitato da colonne sormontate da capitelli dorici, la cui altezza è stimata intorno ai quattro metri. Il tempio ricalca una struttura più antica, della quale rimane il solo perimetro. Come gli altri santuari, assolveva a numerose funzioni: luogo di culto, di mercato di assemblee, banca per la custodia dei capitali comunitari, teatro per rappresentazioni in onore della divinità, luogo di sosta per viandanti e pellegrini. I rinvenimenti degli scavi fanno pensare ad una frequentazione del luogo molto altalenante e correlata alle vicende del vicino municipio di Saepinum. Le prime tracce di frequentazione attiva del luogo risalgono al IV secolo a.C., come riferiscono i numerosi reperti risalenti a questa epoca. Tra il II e il I secolo a.C. al progressivo sviluppo della città romana di Saepinum si contrappone il lento e graduale declino della frequentazione del tempio, da mettere in relazione anche alle migliorate condizioni economiche e di sicurezza della popolazione in questo periodo. Durante l’età imperiale il numero dei reperti si riduce, a riprova di un periodo di declino per il santuario. Al progressivo abbandono del sito di Altilia, successivo all’età imperiale, si associa una rinascita, in chiave cristiana dell’antico tempio italico.

Infatti, a partire dal quarto secolo, nell’area del santuario viene edificata una chiesa, statuetta rinvenuta a San Pietro di Cantoninella quale vengono impiagate le componenti architettoniche dell’antico tempio: al centro del lato di fondo viene ricavato un abside e la parte centrale viene suddivisa in tre navate. I vari rinvenimenti, fanno pensare ad una vita attiva del santuario fino al VI-VII secolo. Ancora oggi all’area viene dato il nome di S. Pietro di Cantoni, ma i reperti degli scavi non permettono, ad oggi, l’effettivo riscontro della dedica della chiesa al santo. Dell’antico tempio italico sembra invece certa la dedica ad una divinità femminile, Mefite, protettrice della sfera della maternità, degli affetti domestici, della procreazione e, più in generale, della fertilità delle messi, dei pascoli, degli armenti. Della dea è stata rinvenuta una statuetta in bronzo con alla base una iscrizione in osco che ne riferisce il carattere di ex voto. Il rinvenimento di frammenti di statuette raffiguranti Ercole suggerisce molteplicità di culti all’interno del santuario, come era consuetudine all’epoca. Nel maggio del 2003, in una delle case coloniche della vicina Altilia, è stata allestita una mostra, tuttora aperta al pubblico, dal titolo “La Dea, il Santo, una Terra. Materiali dallo scavo di S. Pietro di Cantoni di Sepino”, nella quale trovano posto una parte dei reperti rinvenuti nello scavo di S. Pietro.

Conventino

Il ConventinoNel territorio di Sepino sorgono molti edifici sacri che contribuiscono a formare la storia del nostro paese. Uno di questi edifici, anche se abbandonato, e’ “Il Conventino di S. Maria degli Angeli”, detto “Conventino”. Sorto come una piccola Porziuncola nel 1871 grazie alla collaborazione dei fratelli Giovanni e Carmine Maglieri, dei quali l’uno offriva il suolo e buona parte del materiale da costruzione, l’altro offriva la somma di lire 200 e grazie soprattutto alla volonta’ di Padre Anselmo da Sassinoro. Fu il buon seme gettato nel solco Il giorno 6 novembre del 1871, si gettarono le fondamenta e nell’anno successivo Padre Anselmo comincio’ a dimorarvi qualche volta con frate Pasquale da Pontelandolfo. Questo si ingrandiva sempre di piu’ e nel 1875 gia’ conteneva al secondo piano sette celle e al primo piano tutti i vani necessari ad una perfetta abitazione. Fu in quest’anno che la chiesetta si condusse a compimento, ed allora sorse il pensiero di dare inizio alla vita claustrale di questo luogo con solenne festa religiosa. A presiedere la cerimonia fu Mons. Anastasio Laterza carmelitano che il 4 luglio del 1875 benedisse la chiesa dedicandola alla Vergine sotto il titolo di S.Maria degli Angeli per volere di Padre Anselmo, e perche’ dove sorge il Conventino e’ stato sempre chiamato Colle dell’Angelo. Padre Anselmo vi stabili’ una piccola comunita’ religiosa composta dai Padri Federico da S. Giovanni in Galdo e Bernardo da S. Croce del Sannio e dai conversi Frate Pasquale da Pontelandolfo e Frate Luigi da Campodipietra. Il Conventino continuo’ il suo sviluppo grazie al Ministro Provinciale Padre Pierbattista da Roccamandolfi che spese varie migliaia di lire per far costruire altre otto celle. Con la costruzione del Conventino, Padre Anselmo non intendeva rinunciare al punto d’appoggio come cappellano che aveva al convento della SS. Trinita’. Ma quel punto di appoggio gli venne contestato dal Ricevitore di Sepino. Il buon Padre Anselmo fece un ultimo tentativo nel prospettare al municipio un’altra soluzione, ma la proposta cadde nel vuoto. Ormai la sua missione a Sepino era compiuta. A simbolo del suo amore restava il suo caro Conventino che, per umane vicende, non duro’ a lungo e nel 1902 fu definitivamente chiuso.