Non era raro che qualche tempo fa, quando ancora la televisione era un lusso per pochi, che i bambini sedessero accanto al camino nelle lunghe sere d’inverno.

Essi ascoltavano incantati “ru cunte” (il racconto) della nonna,  di strani esseri magici chiamati “Ri Mazzacurreglie” e “Le Janare” .

“Ri Mazzacurreglie”  erano strani: folletti, che si presentavano all’apparenza come dei bambini vestiti di rosso, con buffi copricapo di color verde o rosso. In uno dei racconti si narra che molti anni fa, una casa era talmente infestata da queste strane creature, che i padroni, per la disperazione, decisero di trasferirsi. Durante il trasloco la padrona di casa, udì delle strane voci che cantilenavano allegramente: “Mo ce ne jame e la casa nova!”. (adesso ce ne andiamo nella nuova casa). Non erano esseri malefici, anzi spesso amavano giocare con i bambini, essendo secondo alcuni, bambini morti senza aver ricevuto il sacramento del battessimo. Spesso “Ri Mazzacurreglie” facevano dispetti alle persone ricche e si dimostravano generosi verso i poveri, regalandolo loro pane e pietre preziose.

Molto più malefiche erano “le Janare” o streghe che dimoravano nelle vecchie case: spesso si trattava di persone comuni, invecchiate nella tristezza e nella solitudine. Secondo la credenza popolare, “le Janare” si ungevano il corpo con strani oli e ciò le consentiva di trasformarsi in vento e di volare ed infilarsi nelle fessure delle porte e delle finestre, ma soprattutto nei buchi delle serrature. Giunte a destinazione se la prendevano prima con i bambini in fasce: li sollevavano dal letto e li deponevano per terra o peggio li “uastavane” (rovinavano), fino a farli ammalare o addirittura morire.

Diversi erano i rimedi escogitati per combattere le malvagie “Janare”: per prima cosa bisognava far togliere la fattura da “Ru Mavone”,  cioè lo stregone buono; oppure c’era la possibilità di catturare la strega: bisognava afferrarla per i capelli e tenerla stretta, finché questa  non avesse pronunciato la fatidica domanda:

“Che tè mmane?” (che tieni in mano?); guai a rispondere: “Ri capiglie” (i capelli), perché lei avrebbe risposto:”E j me ne scappe come a l’anguilla!” (e io fuggo via come l’anguilla). Bisognava invece rispondere:”Ferre e acciaie” (ferro e acciaio); vale a dire le forbici, strumento utilizzato contro il male, e così la strega avrebbe perso tutti i suoi poteri.

Il metodo infallibile era quello di recarsi in chiesa la notte di Natale e di posizionarsi vicino all’entrata, muniti di falce e spighe di grano. Al quel punto la strega avrebbe dovuto rivelarsi, perché  incapace di uscire dalla chiesa. Per impedire che le streghe entrassero dentro casa, si ricorreva ad un’altro stratagemma: si poneva una scopa dietro la porta d’ingresso e la strega, che per poter entrare doveva contare tutti i rami che componevano la scopa, ci impegnava talmente tanto tempo che giungeva l’alba  e senza aver compiuto l’opera, era costretta a sparire.